Roma, 10 aprile – Dalle minacce informi alle figure fantasmatiche nella fase iniziale della emergenza Covid-19, fino ad arrivare oggi ai razzi che provengono da altri mondi con tanto di supereroi buoni e cattivi. Ecco le immagini che popolano i sogni dei bambini, in cui “vediamo molto meglio la trasformazione in atto, perché è più veloce”. Parla alla Dire Magda Di Renzo, psicoanalista junghiana e responsabile del servizio Terapie dell’Istituto di Ortofonologia (IdO) di Roma, e aggiunge: “Le loro immagini sono cangianti e questo è il grande monito che può arrivare a noi adulti: chi lavora con i bambini sa benissimo che i piccoli percepiscono i problemi del collettivo molto prima che il collettivo se ne renda conto. Da sempre- afferma la terapeuta- mi trovo a fare delle considerazioni perché me le portano i bambini, e dopo un po’ mi capita di sentire che socialmente ci si occupa di quel problema. I bambini stanno sempre un passo avanti, perché percepiscono gli elementi di fondo. Le loro immagini ci aiutano a comprendere questa progressione”.
I bambini hanno saputo dare forma a quell’angoscia senza nome che ha costellato il primo periodo della diffusione del virus. “Riuscire a disegnare, sognare, dare una forma a questa angoscia è stato particolarmente significativo. Nei sogni, anche di adolescenti e adulti- continua Di Renzo- abbiamo notato l’amplificazione, grazie al collettivo, di quelli che sono i temi di vulnerabilità presenti in ciascun individuo. Anche se i contenuti disegnati a volte sembrano tanto potenti e forti, quasi da spaventare inizialmente, in realtà indicano una progressione. Quella paura se non fosse stata rappresentata agirebbe all’interno, a livello sintomatico, tanto che la bambina nel momento in cui ha potuto riagganciarsi alla terapeuta e sognare, è passata da un sintomo legato al corpo (mancanza di fiato) a qualcosa di rappresentabile e quindi di elaborabile. È necessario che i bambini in questo momento si confrontino con degli adulti che riescano a contenere e a parlare di queste ansie, non amplificando la loro paura. Dobbiamo mettere una cornice a tutto questo ed evitare di fare ogni giorno, ogni momento, l’elenco delle persone che vengono a mancare. Consentiamo ai bambini di parlare- consiglia la responsabile dell’IdO- perché non tutti i piccoli hanno bisogno di terapia, però della funzione adulta tutti ne hanno una necessità assoluta”.
Ad illuminare il mondo degli adulti c’è anche la storia di un’altra bambina, con un quoziente intellettivo un pochino intaccato ma una grande capacità di giocare: “È stata adottata da una famiglia deliziosa e il papà, che aveva perso in passato il padre, in questa emergenza perde pure la madre. Il dolore dei genitori è enorme. La bambina allora inizia ad organizzare un gioco durante una seduta via Skype insieme ai genitori. Prende un tubo e lo aggancia a una specie di casetta- descrive la pediatra- riempie di coperte questa casetta e dice: ‘Io sto dentro perché comunque dentro noi siamo una famiglia’. Questo contenuto esprime il trauma della piccola, ma dà anche figurabilità al dolore dei genitori. La piccola nel suo gioco mostra la necessità di proteggere una casa molto esposta che doveva essere più coperta, contenuta. Non era solo la sua casetta, ma anche quella in cui c’era la perdita della nonna paterna. Era la casa del papà, che in questo momento era esattamente nella sua stessa condizione. Loro stavano provando lo stesso dolore- fa presente Cester- con la differenza che in questo momento era la piccola a dare una chiave di accesso a un dolore, che per il papà ancora non era esprimibile in un’altra maniera. Con il giusto sguardo i piccoli possono darci una mano- ricorda la pediatra- non sono solo un qualcosa che noi dobbiamo accudire in maniera monodirezionale. Noi possiamo ricevere molto da loro”.
Di Renzo ne avrebbe tante di immagini da descrivere, ma ne sceglie una per tutte: un sogno che inizia con una distruzione. “Tutti stanno morendo e poi dalle fiamme emerge la figura di un nonno che non c’è più e che consegna alla bambina un libro sopravvissuto alle fiamme: ‘Il paradiso è per sempre’ di James Ellroy. Questo sogno è un monito che ci dice ‘Ascoltiamo di più i bambini, considerando che ci stanno fornendo dei contenuti che possono aiutare noi adulti'”. In che modo? “I bambini sono più vicini alla dimensione inconscia e hanno più facilità a immaginare. Questo processo immaginativo è un grande strumento preventivo per evitare che si strutturi il trauma”.
Alcuni bambini sono riusciti a dare forma a questa angoscia collettiva del virus invisibile, sognando sia razzi che arrivano da non si sa dove che eroi. “Un bambino ha disegnato, infatti, un mega personaggio che ingloba tutto il mondo, come a dire che la minaccia è veramente planetaria. Tutto c’è dentro- sorride Di Renzo- l’eroe, il supereroe buono e quello cattivo. È l’elemento sopranaturale che noi adulti definiremmo con il divino o il trascendente, mentre per il bambino è il supereroe. Mi sembra che l’immagine di questo personaggio che sovrasta il mondo sia meno distruttiva rispetto ai sogni e ai disegni fatti in precedenza. Segna il passaggio- conclude Di Renzo- da una distruzione a un’entità immobile che sovrasta il mondo. Poi vedremo cosa accadrà”.
Nel viaggio all’interno del mondo dei più piccoli, Di Renzo è accompagnata dalla pediatra e psicoterapeuta dell’età evolutiva Anna Maria Cester. “I bambini hanno cominciato a percepire il cambiamento almeno un paio di settimane prima che coinvolgesse anche noi adulti. All’inizio, quando pensavamo che il Coronavirus fosse un’influenza e ci domandavamo cosa comportasse- continua la pediatra- serpeggiava in maniera non ancora comprensibile negli adulti la sensazione di una vaga minaccia che ancora non aveva né una forma, né un nome preciso. Nella primissima fase di fine febbraio, infatti, nei bambini erano iniziati ad emergere quello che Winnicot chiama ‘angosce senza nome’, dei terrori senza oggetto, come dei pavor in bimbi che non li avevano mai avuti. C’era un sottile e costante senso di minaccia non ben definita che emergeva dalle pieghe dei loro discorsi, dei sogni e nel rifarsi la pipì addosso”.
Cester parla di bambini che ha continuato a seguire in un contesto terapeutico via Skype: “Ho notato la progressione dei loro sogni- spiega la psicoterapeuta e pediatra- questo incubo nero che non si capiva bene cosa potesse essere, iniziava via via a prendere forma”. Un esempio viene da una bambina che lamenta di non avere fiato, le manca il respiro: “Il primo sogno che porta conteneva il desiderio di voler tornare a scuola per riabbracciare tutti i suoi compagni. Nello specifico- aggiunge Cester- lei sogna di riabbracciare una sua carissima amica, Stella, una bambina cinese: viene dalla Cina, scura di pelle, è una bambina adottiva, è stata abbandonata dai genitori forse perché erano morti”. Cosa vuole dire la bambina attraverso il suo sogno? “La seduta precedente le ha permesso di poter riabbracciare e tenere stretta a sé una grande paura, relativa a qualcosa che sta succedendo e che viene dalla Cina. Ma non solo- chiarisce- c’è anche il rischio di una perdita. ‘Forse perderò mamma e papà, e forse può essere che muoio anch’io, ma se muoiono anch’io, Anna, dove vado?’, mi chiede la piccola?”.